EDITORIALE
16-05-2021 di Freddie del Curatolo
La notizia di cronaca è che venerdì sera è caduto un baobab secolare e gigante alla periferia della cittadina di Malindi, sulla strada che porta verso il parco nazionale dello Tsavo Est.
La strada asfaltata è attualmente bloccata e le operazioni per ristabilire il normale passaggio delle autovetture procedono a rilento.
La notizia per noi di Malindikenya.net è che un altro pezzo di storia di questa Terra, in particolare della costa del Kenya, è stramazzato al suolo dopo circa mille anni di vita.
Qualcuno sulle nostre pagine social ha scritto che è inutile recitare il “de profundis” di un baobab, perché i gravi problemi dell’Africa sono ben altri e anche quelli di ognuno di noi sono una priorità.
Ho risposto che non c’è dubbio che i problemi personali sono più importanti della salvaguardia della natura e del rimpiangerla, anche i bisogni e le esigenze quotidiane, la salute dei nostri cari, i nostri affari e via dicendo. Per questo motivo, d’altronde, il mondo è andato in una certa direzione.
I problemi personali (grazie soprattutto a chi li ha esaltati) contro la natura, la cultura, il rispetto delle tradizioni e anche perché no la letteratura, la musica...
E’ sicuramente troppo tardi per fare qualcosa, ma noi irrimediabili coglioni (una volta si diceva "sognatori") ancora speriamo che in un luogo come questo, dove l’umanità è ancora giovane e ha dimostrato, in altre zone del Kenya, di poter migliorare la propria vita tutelando allo stesso tempo l’ambiente, anzi trasformandolo in una fonte di guadagno.
Cose che il mondo occidentale ha per decenni snobbato, ischerzato, trattando gli ambientalisti come dei mezzi scemi (effettivamente avevano i loro difetti, apparendo quasi tutti come figli dei fiori modaioli, più che convinti promotori di uno stile di vita che potesse allo stesso tempo preservare il mondo e dare più ricchezza). In Kenya sono a centinaia gli esempi di chi grazie alla salvaguardia del proprio habitat, al riciclo, alle energie alternative ed altro, hanno un guadagno e insegnano a fare lo stesso.
E’ una lotta impari, una guerra già persa contro chi vede nell’Africa ancora una volta un appiglio per risanare la propria economia allo sbando e restare competitiva. E vai di infrastrutture, di cemento, di petrolio, di oceano scandagliato e dragato, oleodotti e fabbriche.
Per fare questo si disbosca, si rovinano litorali, barriera corallina, laghi e savane.
Lotta impari, certo, ma quei pochi esempi di resistenza che cercano di limitare i danni e costruire un futuro pulito ci spingono ad andare avanti, ad essere dei coglioni testardi che vogliono vedere aldilà di questi tempi bui e malati, pieni di negatività e di gente che si chiude nel proprio orticello.
Quindi lasciateci piangere il baobab di Malindi che ha deciso di lasciarsi cadere sulla strada asfaltata due anni fa, per non mischiare le sue antiche radici con il catrame.
Poco più in là ce n’è un altro ancora più grande e importante. Lo chiamano “Mbuyu akusema”, il baobab parlante.
Secondo le tradizioni secolari dei Mijikenda, le anime degli antenati nascoste nel suo tronco danno consigli a chi li sa ascoltare.
E tanti anziani del quartiere confermano, con decine di aneddoti in merito. Ma questa è un’altra, meravigliosa, storia di quelle che interessano noi coglioni e che vi racconteremo presto.
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