ECONOMIA
11-03-2023 di Freddie del Curatolo
Le sorti economiche del Kenya sono quantomai nelle mani del dollaro americano.
Mentre la valuta, rispetto allo scellino, ha raggiunto quota 140 al cambio di Nairobi, il Ministro del Commercio keniano Moses Kuria nei giorni scorsi ha riferito in parlamento che la carenza di banconote statunitensi è ormai “fuori dal controllo del governo”.
I segnali di questa crisi, ovviamente rafforzata dalla guerra tra Russia e Ucraina di cui certo gli Usa non sono solo spettatori, non si vedono solo nell’aumento dei prezzi di generi di importazione ma nel costo della vita in generale ed entro pochi mesi, se la situazione non viene affrontata in maniera drastica, potrebbe concretizzarsi in mancanza di carburante e peggioramento di alcuni servizi.
A rincarare la dose, chi ha pensato la presidente tanzaniana, Samia Sulubu Hassan che, durante un discorso ripreso dai media africani, ha dichiarato che “alcuni paesi vicini” avrebbero disperatamente chiesto dollari in prestito allo stato tanzaniano. “Noi abbiamo riserve sufficienti per andare avanti alcuni mesi, a differenza dei nostri vicini”. Il riferimento al Kenya è apparso evidente, tanto che il viceministro del Tesoro keniano Chris Kiptoo si è affrettato a smentire. “Abbiamo riserve di dollari per altri 4 mesi - ha detto Kiptoo -, Voglio assicurare ai kenioti che non ce ne stiamo con le mani in mano e che stiamo lavorando sodo e che tutto andrà bene”. Il viceministro ha anche annunciato l’arrivo di un finanziamento in dollari di 1 miliardo di dollari dalla Banca Mondiale, per fare fronte ad un’emergenza che comunque appare più che grave.
La linea politica del governo, sventolata tra le priorità del programma quinquennale del presidente William Ruto, è quella di aumentare la produzione locale di ogni genere possibile, per ridurre le importazioni che costringono ad avere a che fare con la valuta americana.
Allo stesso tempo il governo dovrebbe essere interessato a ricevere nuovi investitori che abbiano l’intenzione di aprire aziende nel territorio keniano e a produrre in loco, non solo utilizzando le materie prime locali, ma arrivando a lavorarle quasi totalmente qui, prima di esportarle.
Il Ministro del Commercio poco tempo fa ha denunciato il fatto che molti prodotti dal Paese vengono esportati in paesi più evoluti industrialmente, per poi essere finiti e rivenduti nello stesso Kenya, definendo insostenibile questo processo. “Non possiamo lamentarci dei problemi con il dollaro se poi importiamo di tutto” ha detto Kuria.
Altro aspetto importante per le rimesse di valuta straniera è rappresentato dal Turismo, ma su questo aspetto il governo non pare ancora eccessivamente concentrato. Pur ostentando ottimismo ed entusiasmo per i dati che segnalano la ripresa del flusso di visitatori (qui il nostro pezzo di giovedì scorso https://malindikenya.net/it/articoli/notizie/ultime-notizie/kenya-al-top-tra-le-mete-che-hanno-recuperato-turisti.html) si attendono facilitazioni per chi arriva dall’estero per svago o per lavoro e magari grazie ad un primo approccio con questo paese, decide anche di investire. Di questo aspetto ha parlato nelle scorse settimane anche il nostro Ambasciatore a Nairobi, Roberto Natali, con la Ministra del Turismo Peninah Malonza. Auguriamoci che almeno la crisi economica in corso faccia riflettere le istituzioni keniane sull’importanza del turismo e sulla necessità di offrire a chi viene in Kenya e porta benefici, di essere accolto nel migliore dei modi e facilitato, a partire dalla burocrazia.
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