Editoriali

EDITORIALE

Perchè le proteste in Kenya non mettono a rischio il turismo

Dati e ragioni di un fenomeno ricorrente avulso dalle vacanze

27-06-2025 di Freddie del Curatolo

Alla luce delle proteste di ieri a Nairobi ed in altre città del Kenya, molti lettori e frequentatori delle nostre pagine e gruppi social, mi hanno chiesto se questa instabilità, con i morti che purtroppo fanno notizia, può influire sul turismo, particolarmente sulla costa.

Non starò a rispondervi con un lapidario “NO”, basandomi sulle statistiche di tanti anni, ma cercherò di spiegarvi cosa accade e perché le vacanze degli stranieri sono l’ultimo dei problemi.
Iniziamo con un dato: l’anno scorso, di questi tempi, le proteste furono ancora più violente, proprio il 25 giugno venne assaltato il parlamento di Nairobi, al quale in parte i giovani dimostranti appiccarono il fuoco. I morti alla fine furono sessanta, più di 300 i feriti.
I dati del turismo, da agosto fino ad aprile di quest’anno, segnalano il record assoluto di presenze di turisti, superando quota 3 milioni.
Anche gli italiani tornano a livelli da top assoluto per il millennio, sfiorando le 100 mila presenze.
Come leggete, basterebbero questi dati a farvi capire come non ci sia una relazione diretta con le proteste antigovernative, che tra l’altro per la maggior parte si svolgono a Nairobi e nel nord del Paese, e la tranquillità delle zone turistiche e di chi le frequenta.
Quella dei giovani della cosiddetta Generazione Z, è una protesta contro l’attuale governo e nei confronti della polizia che agisce secondo loro (e secondo le organizzazioni per i diritti umani) in maniera repressiva e brutale.
Così anche mercoledì scorso, in un solo giorno di proteste di piazza, le vittime confermate sono state 12 (ma potrebbero essere almeno il doppio) e i feriti più di 400.


A Malindi, per parlare di una destinazione turistica, la gente è scesa in piazza in numero ridotto e in maniera assolutamente pacifica, gli unici problemi per la polizia sono arrivati da un gruppo di disperati che hanno cercato di approfittare della situazione per svaligiare qualche negozio, con relativa caccia all’uomo e lancio di lacrimogeni.
Il Kenya è un Paese sempre stato tranquillo ed un faro della democrazia in Africa Subsahariana dove però sta crescendo un malcontento contro il presidente Ruto, reo di non aver mantenuto molte delle promesse fatte in campagna elettorale, a metà del suo mandato.
Intanto, a differenza dell’anno scorso, ieri Ruto ha firmato la nuova legge finanziaria, considerata non pesante per le classi meno abbienti, e a differenza dell’anno scorso non ci sono state proteste.


I giovani vogliono essenzialmente un cambio di rotta, una società con meno corruzione, meno lobby di uomini ricchi che si spartiscono potere e denaro e più coinvolgimento nella società civile, oltre che libertà di espressione. Tutte cose legittime che il turismo, che serve a tutti perché fa entrare nelle casse dello Stato valuta estera fresca e fa lavorare tanta gente comune grazie al suo indotto, può aiutare a raggiungere, perché i giovani, che in Kenya rappresentano quasi l’ottanta per cento della popolazione, non sono solo il futuro di questo Paese, ma il suo presente.

TAGS: protesteturismovacanzemanifestazioni

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