Editoriali

VACANZE E PREZZI

Scellino keniota ai minimi, dove il turismo ne guadagna

Differenze opportunità e pericoli dopo solo un anno

22-01-2024 di Freddie del Curatolo

Per tanti anni, a partire da prima della pandemia, per i turisti o chi frequenta anche per più mesi, o in più volte, il Kenya, il conto del valore della moneta locale per comodità era 100/1, ovvero un euro uguale cento scellini kenioti. Durante l’anno e mezzo di clausura, di crisi dei mercati e soprattutto per un paese come il Kenya che dipende commercialmente dal dollaro americano e dall’ingresso di valuta fresca contante data dal turismo e dai viaggiatori d’affari, lo scellino si è svalutato fino a raggiungere, nel gennaio del 2023, la cifra che allora poteva sembrare record di 120, nei confronti dell’euro, e di 110 rispetto al dollaro.

Comunque anche nella stagione scorsa, si è andati avanti a considerare il rapporto 100 a 1, per comodità di conteggio ma anche con leggera soddisfazione, da parte di chi arrivava dall’Italia, nel sapere che i prezzi di ogni cosa, alla fine, erano ancora più bassi di quanto calcolato.
Dopo solo un anno, la svalutazione della moneta africana è talmente visibile e la sua caduta verticale progressiva sembra così irrefrenabile che ad oggi, con il cambio a 176 e destinato ancora a salire, c’è da ricalcolare completamente i prezzi di ogni cosa e, a fronte dell’inevitabile inflazione del paese, se per chi ci vive è un mezzo dramma con il timore di un futuro default, per il turista che programma una vacanza non di quelle da resort all-inclusive e per chi viene a togliersi per qualche mese dal freddo e dalle caldaie dell’inverno italico, diventa tutto più conveniente.

Questo è il motivo per cui molte strutture che vengono vendute online, così come safari ed altri servizi, hanno poco alla volta sostituito le loro tariffe in scellini e si fanno pagare direttamente in dollari o in euro, e per quanto riguarda la moneta europea, anche gli affitti di ville ed appartamenti a Malindi e Watamu, ad esempio, vengono espressi in euro. In quest’ultimo caso, gli aumenti non sempre corrispondono all’aumento del costo della vita in Kenya, ma sono appunto un adattamento al cambio, che però per chi ragiona in scellini, non dovrebbe avvenire (a meno che non si esportino i guadagni all’estero).

Ma qui non si vuole fare i conti in tasca a nessuno, perché il Kenya si porta a traino anche altre zavorre, come quelle della pressione fiscale che, pur essendo sempre ben lontana dai picchi italiani, si sta facendo ogni anno più aggressiva e diversificata, considerato anche il prezzo della burocrazia (leggasi “corruzione”).
Resta il fatto che quando si va al mercato, ad esempio, si trova sollievo nel ricalcolare non più 100 a 1 i prezzi, ma quasi alla metà.

Immaginiamo un villeggiante che torna in Kenya dopo un anno, nello stesso periodo, a metà gennaio quindi.
L’anno scorso con 1 euro acquistava un chilo di pomodori (che in Italia pagava 1 euro e mezzo), mentre oggi gli costano 60 centesimi. Così avviene per quasi tutta la verdura, come verificabile su Ismea mercati.
Per non parlare del pesce, cibo per il quale già tra Italia e Kenya c’è una discrepanza incredibile e conveniente. Oggi un dentice (che qui è il red snapper) in Italia costa 24 euro al kg, sulla costa del Kenya un decimo (kes 400). Lo stesso accade per il tonno pinna gialla, mentre con la sogliola si arriva anche ad un quindicesimo. I gamberi medi in Italia costano 22 euro al chilo, in Kenya 6 euro, i calamari 22 euro, in Kenya 5, i polpi 24 e in Kenya 4 (dati di pesceonline).

In definitiva, la vita in Kenya e per i keniani è più cara, e questo può portare anche a problematiche interne da risolvere, perché benché sia una tendenza mondiale l’allargamento della “forchetta” tra ricchi(ssimi) e poveri(ssimi), il Kenya aveva da poco intrapreso lo sviluppo verso un livellamento di primo benessere e la creazione di una classe medio-piccola che ora rischia di essere compromesso, ed è sempre difficile e pericoloso dover rinunciare ai bisogni e alle comodità minime che ci si era conquistati, compresi beni immobili acquistati grazie a prestiti che non si potranno portare avanti e progetti lavorativi ed investimenti che non potranno essere onorati, se non aggiungendo altri debiti.

A questo punto il turismo, che conviene decisamente a chi sceglie il Kenya quest’anno, diventa anche un toccasana per il paese e la sua gente, specialmente per chi frequenta questo paese in maniera responsabile.
Ad esempio: andate al mercato ad acquistare frutta e verdura, e non nei supermercati delle grandi catene o dei commercianti già benestanti, cercate di saltare il più possibile i passaggi tra il venditore e l’acquirente e soprattutto date credito a chi lavora e non ai tanti approfittatori “da spiaggia” del momento.
Perché per loro, che da sempre vivono alla giornata, lo scellino vale sempre uguale: è quello che riescono a raggruzzolare senza né resilienza, né rispetto per chi ogni mattina si alza e va a lavorare per sé e per la propria famiglia.

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