In Kenya mancava all’appello solo il colosso americano Pfizer ed è pronto a sbarcare a Nairobi questa settimana, con più di 2 milioni di dosi. Dopo la donazione dei particolari “abbattitori” a -70 gradi da consegnare nei centri regionali e l’arrivo, ieri da Dubai di 2.2 milioni di siringhe speciali, tutto è pronto per aggiungere anche questo tipo di vaccino ad AstraZeneca, Johnson & Johnson, Moderna e al penultimo arrivato, il cinese Sinopharm.
Nonostante ora nel Paese siano segnalate 5 milioni di dosi, il processo vaccinale continua a procedere a rilento. Non c’è grande fiducia nei vaccini e soprattutto nelle aree remote e rurali del Kenya non ci sono nemmeno i soldi per affrontare il trasporto ai centri vaccinali più vicini.
Non c’è nemmeno da biasimare troppo i keniani, visto che i dati che riguardano la salute dei keniani parlano di 4 milioni di persone a rischio denutrizione per colpa delle variazioni climatiche, aggravate dalla crisi economica portata dalle restrizioni della pandemia.
I dati relativi al Covid-19 in Kenya fanno poco preoccupare, al confronto.
Secondo le informazioni trasmesse dal Ministero della Sanità, il Governo ha vaccinato completamente il 3,4 della popolazione e la media non sale più dello 0,1 alla settimana.
Anche gli esperti che si erano affidati alle ottimistiche previsioni dei politici, secondo i quali il Paese avrebbe vaccinato entro fine anno 10 milioni di keniani adulti, iniziano a dichiarare che sarà quasi impossibile raggiungere tale cifra.
A meno che non si prendano decisioni drastiche come quella adottata in settimana dall’Angola, che ha deciso di rendere obbligatorio il vaccino. Entro il 31 ottobre l’intera popolazione dovrà essere immunizzata e comunque entro il 15 dovrà avere un appuntamento per la prima dose. Secondo il Ministero della Salute del paese africano, ci saranno anche medici che gireranno casa per casa, specie nei villaggi meno serviti da mezzi e strade.
Il Kenya per adesso non ha lasciato trapelare intenzioni del genere e prosegue nelle operazioni destinate solamente a chi volontariamente si presenta nelle strutture sanitarie abilitate a vaccinare.
Non ci sono né indicazioni né campagne mediatiche che consiglino vivamente di vaccinarsi e, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità spinga per questa ipotesi, non c’è in programma a breve di istituire il Green Pass come strumento per poter accedere a luoghi pubblici, ristoranti o altro. Anche perché con tali minime percentuali di vaccinati vorrebbe dire tornare praticamente al lockdown. Potrebbe essere indicativa una data più in là nel tempo, ma allo stesso tempo bisognerà velocizzare i processi e sensibilizzare la popolazione, oltre a mettere i poveri e i disagiati in condizione di accedere più facilmente ai centri vaccinali.