Il Kenya continua a presentare, giorno dopo giorno, tassi davvero irrisori di positività al covid-19. Ormai dall’inizio dell’anno la media della percentuale è del 2, dopo che il 2021 si era chiuso con un poco rassicurante 37%. I tassi registrati ieri, lunedì 31 gennaio, sono i più bassi dall’inizio di dicembre e prima dell’esodo di massa dei nairobini sulla costa.
Il Governo keniano applaude ai risultati e li identifica con l’impatto della campagna vaccinale che deve essere letta, come ricordiamo sempre, in maniera molto positiva in quanto i 5.52 milioni di vaccinati completi sono i keniani che vivono in aree urbane e che lavorano a contatto con gli stranieri. Le popolazioni che vivono in regioni dove la mescolanza è minore e dove l’assembramento avviene solo tra comunità locali, secondo le ricerche del Kenya Research Medical Institute, sono già a buonissimo punto con l’immunità di gregge e probabilmente si vaccineranno solo nel caso dovessero viaggiare all’estero o accedere a servizi che richiedono il passaporto vaccinale.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è pronto a togliere un paese dalla categoria “alto rischio” quando il tasso di positività scende sotto il cinque per cento e consiglia ai paesi di riconsiderare le restrizioni se rimane sopra il limite per almeno 14 giorni. Saremmo quindi molto vicini a poter ritenere il Kenya una nazione sicura dal punto di vista dei contagi.
Tuttavia c’è ancora la questione della disorganizzazione nell’accesso ai vaccini.
"Per quanto il Kenya abbia fatto grandi passi avanti nella lotta contro il Covid-19, l'assorbimento del vaccino è stato basso e la sfida ha riguardato l’accesso della popolazione - ha affermato ieri Githinji Gitahi, il CEO di Amref Health Africa International - I responsabili politici devono assicurarsi che le persone possano accedere ai vaccini in modo conveniente. Non è sufficiente dire che abbiamo i vaccini, deve essere disponibile il sabato e la domenica, quando la maggioranza della popolazione non lavora".
Gli esperti delle associazioni di medici ritengono comunque che il Kenya sarebbe pronto a ricevere vaccini anche nelle farmacie e nei dispensari locali, per aumentare il numero dei vaccinati totali e poter migliorare la sua reputazione.