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PANDEMIA

Perchè il Kenya non ha subito la quarta ondata

Dati confusi, pochi ricoveri e il potere dell'Africa

21-07-2021 di Freddie del Curatolo

L’estabilishment africano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Kenya Medical Research Center, che coordina le attività di ricerca sulla pandemia, fortunatamente non ci hanno azzeccato nemmeno questa volta. Le previsioni, manco a dirlo negative, si riferivano al potenziale picco della quarta ondata di contagi da Covid-19, prevista nel Paese per la metà di luglio.
Le proiezioni del KEMRI parlano di almeno 4300 ricoveri (attualmente siamo fermi da un po’ a 1200 circa, con 139 pazienti in terapia intensiva).
Anche l’OMS aveva messo in guardia il Kenya e tutto l’Est Africa dopo la scoperta della presenza della variante delta nella zona del lago Vittoria, tra Kenya, Uganda e Ruanda.
Eppure, nonostante il ceppo del virus definito più rapidamente contagioso, tutto rimane come più o meno è sempre stato, ovvero situazione preoccupante e da attenzionare ma sicuramente molto inferiore a quelle attese di ecatombe che con il collega Angelo Ferrari ho raccontato nel libro “La pandemia in Africa, l’ecatombe che non c’è stata” che potete acquistare anche online direttamente dalla casa editrice o anche sulle piattaforme di vendita digitale di libri.
Per quanto riguarda le ondate precedenti sono state fatte a suo tempo diverse disamine, cercando le motivazioni della diffusione contenuta e poco mortale: il caldo, l’esposizione al sole vitaminico, la vita all’aria aperta, il dna dei bantù ed altro.
Il Governo dal canto suo ha chiuso tempestivamente in lockdown le 13 contee della regione del Lago Vittoria per un mese e questo ha aiutato nel contenere le infezioni.
Per la variante delta gli esperti ora cercano di chiamare in causa anche i vaccini, ma come si può pensare che il 2% di vaccinati incida così tanto su una diffusione di massa del virus?
Sicuramente un dato oggettivo ci può essere, per il Kenya.
Sono stati vaccinati gli operatori sanitari, medici ed infermieri, che hanno costituito la maggior parte dei casi del primo anno di pandemia, essendo stati a contatto con i pazienti gravi in ambienti chiusi e non adeguatamente protetti. Vaccinati loro, non si sono più evidenziati casi e soprattutto decessi (il Kenya è arrivato ad un centinaio di vittime tra dipendenti della sanità) in quell’ambito.
Secondo però alcuni medici sul campo, c’è stato un rallentamento della trasmissione dei dati da parte delle sedi decentrate al Ministero della Salute. Questo potrebbe spiegare il basso numero di richiedenti cure e ricovero ospedaliero, mentre altri preferiscono gestire in proprio il Covid-19, trattandolo come un’influenza, piuttosto che denunciarlo e rischiare isolamento ed altri provvedimenti restrittivi, per loro e per le loro famiglie o ambienti di lavoro.
Dall’altra parte, si assiste al proliferare di tamponi fasulli, di certificati covid-19 free falsi per poter viaggiare ed altre diavolerie figlie di corruzione e opportunismo.
In Uganda addirittura sono stati scoperte 800 dosi di vaccino astrazeneca che in realtà contenevano acqua e che sono state inoculate a cittadini che credevano di immunizzarsi.
In definitiva il Covid-19 resta un grande punto interrogativo per l’Africa Subsahariana e se da una parte fino ad ora sono state scongiurate le previsioni nefaste, dall’altra manca la fiducia da parte dei Paesi occidentali nella riapertura delle frontiere con il Kenya e gli altri Paesi dell’Est Africa in particolare, proprio per mancanza di dati certi e per i tanti episodi di aggiramento delle regole che devono tutelare i cittadini che entrano ed escono dall’intera regione. La necessità del sistema mondiale di globalizzare ogni angolo del pianeta continua a scontrarsi con l’ancestrale sfuggente fatalismo e con la fertile anarchia dell’Africa, che spesso ne rappresenta l’anticorpo più efficace ai mali endemici e a quelli portati da fuori.

TAGS: pandemia kenyavariante kenya

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