MANIFESTAZIONI
02-07-2024 di Freddie del Curatolo
Oggi potrebbe rivelarsi un giorno decisivo per il proseguo delle proteste della Generazione Z in Kenya: quell’insieme disomogeneo accomunato dall’età media, praticamente tutti sotto i 35 anni, come del resto circa l’ottanta per cento della popolazione keniota, ma composto da entità diverse, anche in base alle zone geografiche del Paese. Abbiamo i tecnologici, che non significa stare solo sui social e farsi i selfie, ma usare tecniche di diffusione del proprio messaggio, l’intelligenza artificiale, le connessioni tra varie piattaforme e così via. Poi ci sono i giovani imitatori, che sperano anche che tramite queste proteste possa arrivare loro un po’ di notorietà, e perché no una manciata di scellini tramite i contenuti che propongono specialmente su TikTok, che ha un facile sistema di monetizzazione che arriva anche su Mpesa.
Quindi per attirare l’attenzione, i proclami diventano sempre più originali, caricati, aggressivi. Si cerca il tormentone, il clamore, l’effetto sorpresa. Come in una fiction, in una rappresentazione.
Ci sono gli ideologici, che probabilmente credono davvero alle proteste, sognano anche di diventare leader e di cambiare la politica del loro paese, quelli a cui difetta l’istruzione ed ingenuamente pensano che bisogna per forza fare casino perché cambi qualcosa, quelli che odiano la polizia a prescindere (e in Kenya qualche ragione ce l’hanno, vedendo come si comporta).
Poi ci sono i giovani assoldati da più parti per interessi diversi e di conseguenza con ruoli ben definiti: da quelli che semplicemente sono lì per salvaguardare le attività nelle aree interessate dalle manifestazioni, agli agitatori politici di professione, specie in piccole città e cittadine dove ci sono faide tra parlamentari, governatori o piccoli boss locali, ed infine i delinquenti e piccoli criminali che non vedono l’ora che si faccia un po’ di confusione, per infilarsi nella massa ed approfittarne, portandosi a casa qualcosa per svoltare la giornata o la settimana, anche a rischio di lasciarci la pelle, per non rimetterci.
La vera Generazione Z forse esiste solo all’anagrafe, ora bisognerà vedere se comunque rimarrà unita nell’intenzione principale e propagandata, che è mandare a casa il presidente Ruto. Il noto hashtag #rutomustgo.
Per oggi, molti dei programmi diffusi in rete (troppi, e c’è chi assicura che si tratti di un depistaggio, per confondere le idee e ridurre il “cuore” degli assembramenti organizzati) prevedono l’occupazione del territorio tramite sit-in pacifici (#occupyognicittà o #ognizona, come il CBD a Nairobi o piazze e giardini municipali in altre località, se non #occupyeverywhere). Slogan che è molto facile, specie per i giovani, preparare da casa, davanti ad un computer o anche solo un cellulare. Più complicato, specie quando le proteste devono diventare un modo per convincere i propri coetanei a partecipare in maniera attiva, creare motivi di aggregazione più coinvolgenti e creativi. Specie se non si hanno (e non si desiderano) leader illuminati e soprattutto finanziatori alle spalle. Almeno per adesso, è così, ma i giovani costituiscono il presente e il futuro di questo paese, e la loro volontà di emergere può essere vista come un'attrattiva per tutta quell'economia diretta e non globale pronta a scommettere su di loro.
Dall'altra parte lo Stato, le forze dell'ordine, che hanno ancor più i riflettori, specialmente quelli internazionali e delle organizzazioni per i diritti umani, puntati addosso. La richiesta dall'alto è quella di non sparare se non costretti, di non provocare altre vittime spesso innocenti. Ma è difficile controllare migliaia di agenti sparsi sul territorio di questo paese, a cui si mette in mano un'arma e si concede una fetta di potere estemporaneo.
Resta il fatto che il Kenya è sempre pronto a stupirci e solitamente lo fa in positivo, cancellando anche le tragedie per rinascere ogni volta come le ha insegnato la natura selvaggia.
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