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23-02-2022 di Freddie del Curatolo
Il conflitto armato tra Russia e Ucraina rischia di avere ripercussioni negative anche sull’economia keniana che già di per sé non sta attraversando un buon periodo, per usare un eufemismo, sia per gli strascichi della pandemia sia per il “raschiabarile” politico per le campagne elettorali e la relativa ritrosia degli investitori locali sul mercato.
I keniani risentiranno come molti altri paesi dell’aumento dei costi energetici e del petrolio, di cui la Russia è il terzo esportatore in assoluto in Africa, e della perdita di transazioni date dal probabile blocco che il governo di Putin riceverà dalle Nazioni Unite (nonostante l’opposizione della Cina e di poche altre nazioni che si sono schierate con Mosca, mentre il blocco NATO è saldo nel sostenere le ragioni di Kiev). Mosca è stata infatti minacciata di sanzioni se invade l'Ucraina dalle potenze occidentali, che includono la negazione della possibilità di commerciare usando il dollaro, paralizzando la sua capacità di commerciare con paesi come il Kenya.
E non è poco: il Kenya infatti acquista grano sia dai russi che dagli ucraini, l’importazione arriva a soddisfare il 75% della sua domanda annuale che è di circa 1,2 milioni di tonnellate.
La farina di mais rimane la prima fonte di sostentamento per la popolazione. L’aumento della “polenta” (sima) nel paese è già stato sensibile da un anno a questa parte, il pacco di “maize flour” è passato da 90, prezzo di un blocco imposto dopo un anno di pandemia, a 126 scellini, mettendo in ginocchio mezzo paese. Pensare ad un ulteriore aumento vorrebbe dire portare almeno la metà dei keniani alla fame, considerando che già con i prezzi attuali, aggravati dalla siccità e dai cambi climatici, è cresciuto del 33% il numero dei cittadini che non possono permettersi più di un pasto al giorno. Anche il pane, altro alimento quotidiano dei keniani, dipende dall’importazione di farina dai paesi dell’est europeo e così, scendendo ancora di categoria sociale ed economica, la povera gente dipende anche dall’aumento di 5 scellini di una samosa o di un chapati, che costituiscono spesso i sostentamenti base della giornata.
All’aumento dei costi del petrolio, oltretutto, sono collegati i costi dei trasporti e dell’elettricità, quindi prodotti che viaggiano su gomma (ma anche aerei cargo) e bollette della luce potrebbero ulteriormente rincarare.
Per quanto riguarda l’economia nazionale, la Russia è da poco diventato il maggior acquirente di té dal Kenya ed il blocco dei commerci, per via della guerra e dell’impossibilità di trattare in dollari, sarebbe un danno importante per la filiera della piccola foglia verde.
Per quanto riguarda i rapporti diplomatici invece, la crisi sul fronte ucraino non mette più di tanto in difficoltà Nairobi che ha sempre intessuto buoni rapporti commerciali (e contraendo debiti) sia con gli Stati Uniti che con la Cina, ma che ha una lunga storia di collaborazioni e intese economiche anche con la Russia di Vladimir Putin. Ciononostante il delegato keniano alle Nazioni Unite, Martin Kimani, ha dichiarato che i confini Ucraini non dovrebbero essere discussi e la Russia dovrebbe rispettarli. Una presa di posizione che conferma il ruolo del Kenya nell'orbita dei paesi occidentali.
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