Le piogge insistenti degli ultimi giorni hanno fatto scattare l’emergenza in tutto il Kenya. Dall’inizio della settimana sono 45 i morti nel paese a causa delle inondazioni, di cui 13 nella sola capitale Nairobi, dove la situazione è drammatica anche per l’abbondanza di corsi d’acqua e il drenaggio e la canalizzazione dell’acqua quasi inesistenti e gli sfollati sarebbero 96 mila. Se sulle regioni costiere si ha l’impressione che il peggio debba ancora arrivare, a nord la situazione si sta complicando nelle ultime ore, tanto che il governo ha nominato una task force per l’emergenza alluvioni. Le scene peggiori da vedere arrivano dalla baraccopoli di Mathare, dove il fiume omonimo ha rotto gli argini devastando le baracche di lamiera in cui si ammassano migliaia di persone vulnerabili e una popolazione che comunque da quell’inferno a cielo aperto non se ne vorrebbe andare, perché per loro forse il mondo fuori dallo slum è ancora più ostile.
Il presidente William Ruto ha dichiarato che chiunque sia considerato in pericolo, verrà trasferito altrove, nonostante il suo rifiuto. Ma sono tanti i keniani che pensano che una volta portati via dalle loro abitazioni, per quanto fatiscenti, non le ritroveranno più e saranno costretti a vivere come profughi in terre sconosciute. Nella periferia oltre alle strade bloccate, che sono ben 13 tra cui alcune arterie fondamentali, si segnalano ponti crollati ed infrastrutture danneggiate.
Secondo i meteorologi kenioti nelle prossime ore i fenomeni temporaleschi si intensificheranno.