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GRAVE LUTTO

Adieu, indimenticabile Magalì

E' mancata la moglie del fotografo Paolo Torchio

26-10-2023 di Freddie del Curatolo

E’ mancata a Nairobi, dopo una breve malattia, Magalì Manconi.
Qualche giorno fa, dal Comites Kenya e dalle pagine social di questo portale, era stata lanciata per lei una richiesta di sangue a cui tanti amici avevano risposto, nel disperato tentativo di vederla ancora tra noi.
Moglie del fotografo italiano Paolo Torchio, con tanti anni di Kenya alle spalle, prima sulla costa nel settore del turismo e dell’hospitality, tra ristoranti e resort in ruoli manageriali, poi nella capitale come imprenditrice ed appassionata di savana, amante degli animali e della vita africana.
E’ stata in molte occasioni promotrice e coordinatrice di iniziative insieme al marito, come nel coinvolgimento del governo italiano per ricostruire lo scheletro del mitico rinoceronte nero keniano Karanja, le cui ossa languivano in un magazzino del museo nazionale e che ora appare permanentemente nelle sale dello stesso museo a Nairobi.
All’amico Paolo un grande abbraccio dal portale degli italiani in Kenya e un mio personale ricordo di Magalì.
 

Il primo ricordo di Magalì è anche uno dei primissimi ricordi del mio Kenya.
Si parla di 34 anni fa, quando arrivai a Malindi per vedere cosa cavolo stesse combinando mio padre.
Il vecchio (oggi è veramente vecchio, ma l’ho quasi sempre chiamato così) aveva aperto una pizzeria a due passi dal pilastro di Vasco Da Gama.
L’ambientazione, per me novellino d’Africa e di quelle scenografie post-coloniali un po’ da film, era già di per sé affascinante.
La pizzeria attirava ogni sorta di espatriato e dai tavoli evaporavano storie di avventure d’ogni genere.
In quell’atmosfera affascinante, Magalì, che dirigeva il ristorante, era una presenza che non passava inosservata.
Anzi, sembrava stata piazzata lì apposta da un semidio del cinema, perchè per cercare di definire la donna in tutta la sua essenza, in un luogo esotico pieno di evocazioni, meraviglia, intrighi e insidie, chi meglio di una bellezza con un'aura parigina?

E lei era bella parecchio.
La "francese", come la chiamavano tutti.
Così bella da non sfigurare al paragone con un'attrice della terra a cui il suo nome faceva riferimento, modello Brigitte Bardot.
Fascinosa, ma per nulla effimera, anzi con due palle così.
Necessarie, indispensabili per tenere testa ad un branco di donnaioli impenitenti, mezzi contrabbandieri e cacciatori ancora non pentiti, cinici ed accattivanti capitani di ventura e fuorusciti d’ogni sorta.


Di "Maga" (come la chiamavano e la ricorderanno invece sempre gli amici) mi intrigava l'ironia, a volte sferzante, lo sguardo penetrante e intelligente, mai malizioso. Il suo concedersi se e quando lo voleva lei e la spigolosità autoironica che nascondeva una dolcezza infinita.
Mi faceva divertire quando assumeva la posa della finta permalosa.
“Che vuoi, mi chiamano la francese…è normale che sia un po’ str...” mi disse una volta, ai tempi dei tempi.
E giù a ridere.
In realtà era più italiana di tanti altri, ma quando le faceva comodo e c'era da prendere in giro le nostre classiche sfaccettature meno nobili, “noi” diventavamo “noi italiani”.
E via con un bicchiere di vino e uno sguardo affettuoso lanciato come un obliquo omaggio.


Ci siamo persi di vista per parecchi anni, e quando sono tornato in Kenya dopo un po’ di Italia, mi hanno detto che era a Nairobi con un bravissimo fotografo italiano.
E’ stato bello rivederla, rivangare il passato e alcuni dei personaggi della surreale, sconclusionata, irripetibile Malindi tra gli anni Ottanta e i Novanta, conoscere Paolo e scoprire una donna che per sua scelta aveva deciso di stare dietro le quinte, ma che con il suo fuoco francese ancora non te la mandava a dire.

Avrei voluto viverti di più, Maga, vederti e ridere ancora con te, immergermi in conversazioni mai banali, inebriarmi della tua ironia davanti ad un bicchiere di vino.
Come penso avrebbe voluto chiunque ti ha conosciuto bene, e meglio di me.
Mi piacerebbe farti incazzare un’ultima volta, che so, scrivendo quanti anni avevi o mettendo una delle rare fotografie che ho di te. 
Ma non ce la faccio.
Preferisco la grazia e la bellezza della giraffa, in una delle foto di Paolo di cui eri tremendamente orgogliosa.
Mentre qui il mondo tramonta ed è un po' più triste per noi tutti.
Adieu, Magalì.
 

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