L'angolo di Freddie

RACCONTI

Nonno Kazungu va in Italia (prima puntata)

Tratto da "I racconti di Nonno Kazungu"

14-03-2022 di Freddie del Curatolo

Tutto era stato organizzato in maniera repentina, come l’attacco di un leopardo in un lodge della savana.
Per una volta le meccaniche africane erano saltate. Era venuto meno quel grande insieme di tattiche, controtattiche, riflessioni, distrazioni, ripensamenti, azioni, controtempi e movimenti a una velocità così lenta da far pensare alla mutevole immobilità della Natura.
Decisione, preparazione e burocrazia; nel giro di un mese il leopardo aveva colpito in ogni singola tenda e mostrava con fierezza le prede ai suoi simili: il passaporto nuovo, nuovi vestiti e un biglietto aereo di andata e ritorno. Il grande giorno era arrivato e il leopardo Kadenge Davide era raggiante.
Avrebbe portato per la prima volta suo nonno in Italia!
L’idea era sbocciata come un fiore tropicale e aveva colorato una cena malindina tra lo stesso Kadenge, la signora Ottavia, lo Svaporato e l’amico Ziwani.
Il nipote l’aveva lanciata lì e i due ci avevano ricamato sopra alla stregua di artigiani in grado di trasformare un pezzo di legno di mango in una porta istoriata di Lamu.
“Esaudire il sogno di una vita…pensa che quel vecchio prima di morire potrà finalmente vedere quello di cui ha sempre e soltanto sentito parlare, muoversi da protagonista nel film che lo ha accompagnato per una vita da spettatore…”
“Voglio esserci anch’io – disse lo Svaporato – per guardare il mio Paese con i suoi occhi”.
“Sarà emozionante…e anche molto divertente” aggiunse Kadenge.
Alla fine della cena la signora Ottavia aveva ceduto.
“Va bene, finanzio io!”
La facoltosa e sofisticata madama in bianco, attempata ma rimodellata ex di Kadenge Davide e ancora invaghita di lui, avrebbe ospitato il vecchio Kazungu come “nonno alla pari” per tre mesi.
Il più era fatto, ora si trattava di convincere il mzee.
Impresa ardua, non tanto perché Kazungu non avesse desiderato intimamente per una vita intera di visitare il mondo occidentale, ma per il bailamme e le reazioni a catena che avrebbe generato in tutta Kakoneni.
E così fu.
“Nipote mio, è un regalo ma-magnifico – esordì il nonno, che sembrava stesse utilizzando la voce delle sue caprette, per esprimersi – spero che la salute mi regga…farà molto freddo?”
“Andiamo in contro alla primavera – lo rassicurò lo Svaporato – sicuramente non pioverà tutti i giorni come in Kenya, i tuoi reumatismi ne guadagneranno”.
“Devo comperare dei vestiti decenti”
“Provvederemo…oltretutto hai la stessa taglia di Ziw. Alcuni te li presta lui”
“E le scarpe”
“Anche quelle…” sospirò il nipote.
Lo Svaporato prese nota.
“E un cappello nuovo”
“Questi sono dettagli, nonno”
“La vita senza dettagli è come un baobab senza la sua ombra, puoi osservarlo da lontano, ma non ti siederai mai al suo cospetto”.
Lo Svaporato prese nota anche di questo. Poco più in là, ai piedi del grande baobab, Kibebe lo scemo ridacchiava e si grattava furiosamente una coscia.
Mentre le pratiche del passaporto, a suon di oboli e timbri, ammicchi e scellini, procedevano in discesa, a Kakoneni era arrivato il momento della conferenza stampa.
Luogo designato il Safari Bar, ma prima c’era l’anteprima a nonna Conjestina.
E non era proprio come rompere un cocco con un colpo secco.
“Alla tua età, mzee?”
“L’ho sognato per tutta una vita…”.
Tòc.
Primo colpo.
“Ti vuoi rimettere a lavorare? Non stai bene qui nel tuo villaggio a goderti quel poco di benessere che hai creato?”
“E’ soltanto una vacanza…è per avere tante altre cose da raccontare ogni sera ai nipotini”.
Tòc.
Secondo colpo, ben assestato.
“Ti potrebbe piacere e non torni più!”
“Ho sentito tanto parlare dell’Italia, è come se ci avessi già vissuto. Questo è il posto in cui ho scelto di vivere, non ci sono stato costretto. Avrei potuto andare in Svizzera, da giovane, e poi a Roma. Ho avuto proposte di lavoro da Nairobi, Dar Es Salaam. Casa mia è Kakoneni, non potrei mai stare a lungo senza il villaggio che ho visto formarsi e svilupparsi come sognavo da ragazzino, senza la mia gente, la mia famiglia”.
Il terzo colpo aveva frantumato la testa dura della moglie, si poteva gustare la polpa dolce del suo cuore e dissetarsi con il succo tiepido che ne usciva, sotto forma di lacrime.
“Ti aspetterò come il sole dopo la stagione delle piogge”
“Insieme a lui me ne vado, insieme a lui ritornerò” promise Kazungu.
Al Safari Bar fu più facile ma decisamente pirotecnico.
Il gestore Kibonge non commentò, offrì al vecchio un ginger ale e si ritirò dietro il bancone con carta e penna. L’elettricista Makotsi ripeteva come un disco incantato
“Perché lui e non io? Perché lui e non io?”
“Hai tutta la vita davanti, Makotsi” lo confortò Kadenge.
“Per te sarebbe pericoloso – sorrise lo Svaporato – troveresti da lavorare e torneresti solo quando l'inverno si fa rigidissimo”
“Perché tra un anno e mezzo? Magari non torno più…”
Kadenge lo tagliò di sghembo con lo sguardo di chi è già passato lungo il sentiero della sua immaginazione, disboscandolo a colpi di panga.
“Perché il primo inverno coglie di sorpresa e credi che passi in fretta, ma dal secondo un giriama non si fa fregare!”
Lawrence Kamongo strinse vigorosamente la mano a Kazungu.
“Sarai il nostro ambasciatore in Italia! Porta la cultura della costa keniota, insegna ai cuochi a cucinare “sima na maharagwe”, a costruire un tetto di makuti e la sera racconta le nostre leggende”.
Durante il discorso il rappresentante di telefonini si era commosso e con gli occhi lucidi abbracciò l’amico. Poi si staccò rapidamente e lo squadrò da capo a piedi, come volesse dare lui un’ultima investitura ufficiale. Mise una mano nell’inseparabile valigetta.
“Ti regalo questo Samsung con whatsapp. Ti sarà utile in Italia. In cambio però, mandami un sms ogni due o tre giorni…così mi racconti…”
What’s up...essemes, ripetè mentalmente nonno Kazungu, ricambiando l’abbraccio precedente.
Kibonge nel frattempo aveva finito una lista chilometrica di desiderata dall’Europa. Spiccavano un apribottiglie in ceramica con scritte italiane, una lattina di birra rossa con il baffone, il poster di Buffon, gli asciugamani da bancone della Beck’s e un’altra decina di oggetti ancora più piccoli e inutili. Si fece largo anche il nipotino Kitsao.
“Nonno, io vorrei un compasso, un goniometro e il dizionario enciclopedico garzanti”
Kazungu accoglieva le richieste con un sorriso, lo Svaporato scriveva e avrebbe assolto all’inevitabile compito, ben sapendo che il nonno non avrebbe altrimenti fatto ritorno a Kakoneni.
“E tu, cosa vuoi?” chiese infine a Kibebe lo scemo.
“In Italia vendono tutto, vero?”
“Quasi tutto, milioni di cose più che qua” disse Kadenge Davide.
“Allora comprami un’altra ombra per quello, per favore!”
Si girarono tutti e si fecero pitturare di rosa dal sole del tardo pomeriggio.
Il dito di Kibebe era fermo come un gatto in punta, trafiggeva la finestra del bar e indicava il grande baobab.
(FINE PRIMA PUNTATA)

(disegno originale di Marco Scalia per "I racconti di Nonno Kazungu")

TAGS: racconti kenyanonno kazungustorie kenyasafari bar

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