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Il mitico "Bishop Pante" di Maralal si ritira

Le battaglie e i mille aneddoti del grande vescovo italiano in Kenya

22-07-2022 di Freddie del Curatolo

Nelle terre dei Samburu, dei Turkana e dei Pokot sarà ricordato per sempre come “Bishop Pante”, due parole che da quelle parti sono inscindibili, anche perché nessuno aveva visto un vescovo prima di lui e nessuno vedrà mai più un Pante, creatura unica e misericordiosa in grado di far combaciare il cristianesimo e la mitologia terrena.
Monsignor Virgilio Pante, Un portatore sano di pace, della più pura e leggera novella di Gesù e di parole in grado di unire popolazioni da sempre in guerra tra loro per un briciolo di povertà in meno.
Monsignor Virgilio Pante, 76 anni, bellunese, va in pensione ed è stato nominato "vescovo emerito di Maralal" dopo mezzo secolo speso in Kenya, suo Paese d'adozione dove comunque ha deciso di rimanere a vivere.
Cinquant'anni di Kenya tra chiese, ospedali, scuole e missioni. Cinquant'anni in sella ad una motocicletta, il mezzo con cui si spostava ovunque e da Maralal si recava a Nairobi, 350 chilometri di strada sterrata, con la bibbia nello zaino e il fucile a tracolla schivando bufali e banditi.
Cinquant'anni di dialogo, incontri, trattative, cooperazione. Come quando riuscì a mettere insieme le tre tribù rivali della sua diocesi in un mercatino settimanale in cui si vendevano i loro prodotti e che ancora funziona. 
“Da pastori di animali a pastori di anime” fu la sua prima omelia a Maralal, 21 anni fa.
Missionario della Consolata, è stato lui stesso a creare dal nulla la Diocesi di Maralal, istituita da Papa Giovanni Paolo II, ha disegnato pure il logo, un leone della savana che giace con un capretto. L'idea di serena convivenza tra popoli diversi, utilizzando due simboli conosciuti di quella terra ed allo stesso tempo una metafora biblica. 
"Pensavano di castigarmi, mandandomi nel niente tra Samburu e Turkana - mi ha raccontato - non sapevano di farmi il più bel regalo possibile. Scorazzare con la moto su quelle piste infinite, cacciare bufali, portare le parole di pace di Nostro Signore in quella terra da sempre in conflitto...".
Sono mille e più gli aneddoti che si potrebbero raccontare di “Bishop Pante”, tra le battaglie vinte e la goliardia giovanile, la dedizione e la serietà di uno dei meno convenzionali uomini di chiesa che si possano incrociare in Africa.
Una delle sue storie più divertenti l’ho ascoltata di persona ed è stato come assistere ad uno spettacolo teatrale.
Così l’ho riportato nel libro “Ritratti di Italiani in Kenya”, pubblicato dall’Istituto di Cultura Italiana di Nairobi.

Maggio 2015, Roma: al Vaticano un vescovo italiano di una diocesi africana dona a Papa Francesco una mitria speciale.
“Santo Padre, lei ha detto che un pastore deve odorare di pecora, allora le ho portato questo dono dalla mia terra. Provi ad annusare”.
Il Papa ringrazia, avvicina il naso al copricapo ed esclama: “Ma questa non è pecora!”
“Infatti, è di pelle di capra del Samburu”
Novembre 2015, Nairobi: ad attendere Jorge Mario Bergoglio all’aeroporto Jomo Kenyatta sono presenti in parata tutti i vescovi del Kenya.
Quando il Papa si avvicina a Monsignor Virgilio Pante, pare riconoscerlo.
“Santo Padre, ha forse dimenticato il mio regalo di qualche mese fa?”
“Certo che no…e domani lo indosserò per la Santa Messa”
“Bravo, promosso!”

Anche in Kenya Monsignor Virgilio Pante è riconosciuto e onorato come un uomo che si è sempre speso in prima persona per il bene e gli interessi delle comunità della regione di Maralal.
Nell’annunciare la nomina da parte di Papa Bergoglio del nuovo Vescovo della “sua” diocesi, il keniano Padre Hyeronimus Joya, il quotidiano Daily Nation scrive che “Il vescovo Pante sarà ricordato come un'icona di pace per i suoi incessanti sforzi per riconciliare le comunità in guerra a Samburu e in altre parti del Kenya settentrionale”.
L’ultima volta che ci siamo incrociati, mi ha lasciato con quelle che secondo lui sono state le tre parole fondamentali della sua vita in Kenya.
“Queste parole sono: pazienza, pazienza e pazienza. Ma non perderò mai la speranza di vedere un giorno una Chiesa africana che si autogoverna e persegue gli stessi obbiettivi a cui ho dedicato la mia vita”.

TAGS: vescovodiocesimaralalpanteconsolata

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